Sanremo: il grande rito collettivo italiano

Edy Generoso Fummo

2/16/2025

Sanremo: il grande rito collettivo italiano

Mi ero riproposto di non parlarne. Ma come si fa a ignorarlo? Sanremo, il Festival delle canzonette italiane, ritorna ogni anno come un’onda inarrestabile, travolgendo tutti, anche coloro che giurano di esserne indifferenti. Per una settimana, l’Italia intera sembra sospendere ogni altra attività e convergere verso questo unico punto di riferimento culturale e mediatico. Un evento che, tra ipocrisia e retorica, riesce nell’impresa di unificare il popolo italiano come nessun’altra occasione.

L’illusione dell’unità nazionale

L’Italia, spesso divisa su tutto, trova in Sanremo un’insolita coesione. È la liturgia moderna del nostro paese, la celebrazione laica per eccellenza. Qui, almeno per qualche giorno, tutti diventano critici musicali, esperti di spettacolo, giudici severi o appassionati tifosi. Si discute con fervore, si scrivono fiumi di post e commenti, si analizzano le esibizioni con un’attenzione che raramente viene dedicata a questioni più rilevanti. Ma questa apparente unità non è che una maschera: una tregua effimera che copre, senza risolvere, le reali fratture sociali e culturali del paese.

Sanremo è la prova che gli italiani riescono a mobilitarsi solo quando c’è di mezzo l’intrattenimento. Per il resto dell’anno, la partecipazione civica è ridotta al minimo, l’indifferenza regna sovrana e il dibattito pubblico si arena su questioni di secondaria importanza. Ma quando inizia il Festival, tutto cambia. Come per magia, si accende il fervore nazionale, la passione collettiva per le discussioni infinite su testi, melodie, scenografie e outfit.

Il mediocre travestito da grande spettacolo

Il problema è che, dietro tutto questo clamore, rimane ben poco. La qualità musicale e artistica di Sanremo è da tempo discutibile. Le canzoni, salvo rare eccezioni, sono prodotti costruiti a tavolino, privi di reale ispirazione o innovazione. Si punta sulla spettacolarizzazione, sulle polemiche, sulla presenza di ospiti più o meno controversi. Il Festival non è più un concorso musicale, ma un enorme format televisivo che ha come unico obiettivo mantenere incollati gli spettatori allo schermo.

Eppure, proprio perché il pubblico è così assuefatto al mediocre, anche la mediocrità diventa evento. Anzi, più la mediocrità è confezionata bene, più viene percepita come eccellenza. Sanremo è lo specchio di una cultura che si accontenta, che non osa più, che non cerca altro se non la conferma di sé stessa. Canzoni usa e getta, spettacolo ripetitivo, emozioni costruite a tavolino: eppure funziona. Perché funziona il rito, funziona l’abitudine, funziona il bisogno collettivo di sentirsi parte di qualcosa, anche solo per cinque serate all'anno.

Sanremo: il Vaticano della musica italiana

E quest’anno, come a suggellare definitivamente il carattere quasi religioso di questo evento, è intervenuto persino il Papa. Un gesto che ha suscitato reazioni contrastanti, tra chi lo ha visto come un’operazione di marketing e chi lo ha interpretato come un segnale di apertura della Chiesa verso nuove forme di comunicazione. Ma, in fondo, ha perfettamente senso. Sanremo è il Vaticano della musica italiana, la sua cattedrale televisiva, la sua grande piazza mediatica.

I suoi fedeli si radunano ogni anno, pronti a cantare in coro, a esaltare o condannare, a proclamare vincitori e vinti con la stessa passione con cui si discute di dogmi e miracoli. L’autotune è il nuovo canto gregoriano, i presentatori sono i sacerdoti dello show business, il palco è l’altare su cui si celebra la gloria effimera del pop contemporaneo.

Conclusione: un rito che ci definisce

Sanremo non è solo un festival musicale. È un fenomeno sociale, una macchina perfettamente oliata che risponde a un bisogno profondo: quello di sentirsi parte di una comunità, anche quando la comunità è costruita su basi fragili e discutibili. Possiamo criticarlo, possiamo ignorarlo, ma non possiamo negare che, nel bene e nel male, rappresenta uno specchio fedele dell’Italia di oggi: un paese che cerca nella leggerezza la sua unica vera forma di unità.

E così, finito il Festival, si tirano le somme, si commentano i vincitori e i vinti, si torna alla routine. Fino al prossimo anno, quando, puntuale come una festività, Sanremo tornerà a ricordarci che l’Italia sa essere unita... almeno per cinque sere all'anno.