Magia EVOLUTIVA

significato essenziale

lighted candle in black metal candle holder

“Il giorno in cui imparò a svanire"

C’era una volta una donna che non aveva più un nome. Lo aveva perso un mattino d’autunno, fra il vapore del tè e una finestra aperta. Non fu triste. Fu come slacciarsi una scarpa troppo stretta. La gente la chiamava in modi diversi: la Signora del Vento, la Maestra delle Cose Che Passano, oppure — semplicemente — quella strana che sorride anche quando piove. Non viveva da nessuna parte. Si appoggiava ai luoghi come la rugiada sui petali: per poco, ma con una certa grazia. Dicevano che quando parlava, qualcosa si allentava nel cuore degli altri. Un nodo, forse. O il bisogno di spiegare tutto. Una volta, in una piazza silenziosa, un bambino le chiese: — Tu che magia fai?

Lei lo guardò come si guarda un sogno dimenticato, e rispose:

— Io disimparo.

— Cosa? —

Tutto ciò che mi tiene ferma.

Poi soffiò su un seme di tarassaco e svanì dietro al suo stesso respiro. Da quel giorno, chi la incontrava, la riconosceva senza sapere perché. Non lasciava orme, ma silenzi. Non costruiva, ma toglieva. Non portava risposte, ma domande che si aprivano come fiori. Eppure non era una fata. Aveva le mani screpolate, rideva male, dimenticava tutto. Ma il suo modo di esserci — piano, leggero, indifeso — cambiava i contorni delle cose. Gli alberi sembravano più vivi. Le nuvole, più sincere. I cuori, meno blindati.

Un giorno qualcuno le disse: — Stai sparendo.

E lei sorrise. — Sì. È il mio modo per esserci meglio.

L’ultima volta fu vista camminare verso l’alba. La pelle trasparente, gli occhi pieni di niente e di tutto. Si dice che non sia mai andata via. Solo che, da un certo punto in poi, ha imparato a svanire del tutto. Come si svanisce da sé, quando finalmente si diventa vivi.