Abbattere le colonne marce e tornare a vedere

Edy Generoso Fummo

4/12/2025

Abbattere le colonne marce e tornare a vedere

Non è qualunquismo, non è nemmeno facile satira. È un fatto. Un dato di realtà che continua a svelarsi sotto i nostri occhi, anche se fingiamo di non vederlo. Le fondamenta del nostro vivere sociale sono fradice, marce, consumate da anni di ipocrisia, abitudini stanche, modelli obsoleti. Abbiamo costruito sopra colonne che non reggono più, architetture ideologiche e politiche che scricchiolano a ogni scossa, e il rischio del crollo è sempre più concreto. Occorre iniziare da qui, dal coraggio di guardare in faccia questo declino. Il primo passo è rifiutarsi di essere semplici mattoncini di un edificio che non rappresenta più nessuno, un edificio decadente che non ha più nulla da dire. Non possiamo più limitarci ad adattarci, a sopportare, a collaborare passivamente con un sistema che ha smarrito ogni connessione con il senso e con la realtà. Il rifiuto non è ribellione fine a se stessa, ma atto di consapevolezza.

Sfondare le finestre finte

Il secondo passo è accorgerci che le finestre da cui guardiamo il mondo sono truccate. Sono falsi panorami, fondali teatrali, illusioni costruite a regola d’arte per tenerci buoni, fermi, anestetizzati. Quello che ci viene mostrato non è il mondo, ma un’imitazione del mondo: immagini seducenti, narrative semplici, paesaggi emotivi progettati per distrarci, per convincerci che va tutto bene o che basta cambiare colore alle tende per rinnovare la vista.

Ma basta poco, davvero poco, per accorgersene. Due passi, due passi consapevoli, uno spostamento lieve del cuore e dello sguardo, e quei paesaggi si rivelano per quello che sono: cartonati. Non c'è profondità, non c'è verità. Solo scenografie inchiodate su finestre che non si aprono mai.

Cantare insieme con voci vere

E allora ecco il terzo passo, e il quarto, e il quinto: vanno fatti insieme. Non più ciascuno per conto proprio, ma nei quartieri, nei vicoli, nelle piazze e nelle case. Serve una coralità nuova, autentica, non organizzata da partiti o etichette. Serve cantare, ognuno con la propria voce, anche se stonata. Perché è dalle dissonanze che nasce la musica vera, non dall’uniformità.

Cantare non per gridare slogan, ma per ritrovarsi. Per riscoprirsi parte di qualcosa che nasce dal profondo, che non viene da destra, da sinistra, da sopra o da sotto, ma dall’unico luogo che ancora può dirci qualcosa di vero: dentro di noi.

La trasformazione che ci aspetta non sarà facile. Ma tutto comincia con uno sguardo sincero, con un passo consapevole, con un canto condiviso. E forse, solo così, potremo finalmente abbattere le vecchie colonne e costruirne di nuove. Vere. Vive. Umane.